Sistemi alla prova delle urne

9 Ago 2022 | Esteri

L’alternativa che l’Italia può offrire all’Europa delle grandi coalizioni

La democrazia europea è “viva e lotta insieme a noi”. Tra l’autunno 2021 e la primavera 2023, tutti e quattro i Paesi più rappresentativi dell’Unione Europea avranno affrontato nuove elezioni politiche. Germania, Francia, Italia e Spagna hanno chiesto o chiederanno ai propri cittadini di esprimersi, registrando nella maggior parte dei casi un cambio di governo. Pur in una profonda crisi economica, sociale e geopolitica, i sistemi istituzionali europei dimostrano dunque un alto grado di tenuta. Le democrazie non cedono nemmeno di fronte ai cantori del catastrofismo che, più o meno esplicitamente, sperano in una sospensione democratica sventolando lo stato di emergenza permanente.

Il messaggio politico che ci sta arrivando da questa lunga tornata elettorale ha livelli di lettura sfaccettati e complessi. Innanzitutto, i cittadini esprimono la preferenza per una politica che risponda alle istanze sociali ed economiche. L’epoca del benessere è a rischio. Dopo la crisi pandemica e la guerra in Ucraina, le persone capiscono che avremo meno reddito, meno consumi e, sfortunatamente, meno libertà. La risposta per ora sembra coincidere con un ritorno al “primum vivere”. Bollette elevate, ascensore sociale bloccato, inflazione sopra il 7% sono le preoccupazioni degli elettori europei nell’inizio degli anni Venti. Tutte le campagne elettorali si sono infatti fin qui giocate sul tema centrale del potere d’acquisto.

Niente salti nel vuoto

Al contempo, i cittadini chiedono governi autorevoli, preferendo volti conosciuti e affidabili. Sembra questo il caso in Germania del socialista Olaf Scholz, già Ministro delle Finanze nel governo Merkel IV, e del nuovo leader del Partido Popular, Alberto Núñez Feijóo, che si candida a guidare la Spagna da Presidente della Galizia. In una crisi di sistema, la gente non è interessata a salti nel vuoto o a esperimenti fantasiosi.

Queste due tendenze – credibilità e voto con il portafoglio – sono riassunte nel caso francese dove gli elettori scelgono Emmanuel Macron, capace di guidare il Paese verso una leadership europea, e nel contempo compongono un’Assemblea legislativa senza maggioranza precostituita, dove la destra del Rassemblement National e la sinistra di France Insoumise rappresentano gli umori profondi del Paese.

Anche l’Italia non fa eccezione; il prossimo voto vedrà contendersi un fronte progressista (non a caso Letta vuole chiamare la sua lista “Democratici e progressisti”) e uno conservatore (è lo stesso segretario del Pd che individua in Fratelli d’Italia l’avversario da battere). L’exploit nei sondaggi di Giorgia Meloni conferma il trend europeo, mostrando l’attesa per un cambio di passo sul versante economico con la richiesta di nuove ricette di governo che superino le classiche risposte liberal-progressiste degli ultimi decenni.

Un nuovo perimetro politico

Il destra-centro italiano deve poi misurarsi con quello che il politologo Giovanni Orsina ha chiamato il “perimetro della serietà”, lo spazio fatto di atlantismo, partecipazione costruttiva all’Unione Europea e consolidamento dell’euro e della finanza pubblica. Oggi più che mai vale la visione degasperiana di una politica estera abilitante la politica interna. L’allineamento con la Nato e gli Stati Uniti, la promozione di una svolta confederale per l’Unione, la difesa dell’interesse nazionale come strada per rendere la moneta comune più forte potrebbero essere le risposte del governo a guida Meloni alla sfida della serietà.

Sarà poi interessante capire come i risultati delle elezioni italiane apriranno nuove vie agli altri Paesi europei. In Spagna, il Partido Popular sta valutando un’alleanza di governo con Vox, mentre in Germania il successore di Angela Merkel, Friedrich Merz, sta spostando verso destra l’asse della Cdu. Questo nuovo perimetro politico – un ibrido – potrebbe rappresentare il terreno fertile dal quale germogli un’inedita piattaforma europea di governo alternativa alle grandi coalizioni o alle unità nazionali.

Articolo pubblicato sulla Rivista Tempi