Come passare da spettatori a protagonisti del grande film planetario dell’energia

31 Mar 2022 | Esteri

Coordinamento tra Stati, diversificazione delle fonti, e basta coi furori ideologici che rallentano la ricerca di soluzioni percorribili. Ecco il futuro dell’Europa e della sua transizione

Articolo pubblicato sulla rivista Tempi di Marzo 2022

Esiste un dato che nel dibattito sulla crisi energetica abbattutasi sull’Europa è emerso solamente in controluce. Secondo il ministero dell’Economia, famiglie e imprese francesi avranno un “caro bolletta” del 3 per cento nel 2022 mentre noi italiani arriveremo a un più 70 per cento. E gli effetti della guerra in Ucraina sono ancora tutti da valutare. Da dove nasce questo divario, come può essere colmabile e che cosa può fare l’Unione Europea?

Il mercato energetico è ormai pienamente globalizzato e sta cercando un nuovo equilibrio. Gli attori protagonisti sono il petrolio arabo, il gas russo e ultimo arrivato sulla scena il Gnl americano (gas naturale liquefatto, estratto dalle rocce con la tecnica della fratturazione idraulica). Comparse rimangono tutte le nazioni non produttrici che dipendono dalle relazioni commerciali e diplomatiche con i produttori. Ognuna di esse fa il suo gioco: la pragmatica Germania aveva deciso di dismettere il nucleare per diventare l’hub europeo del gas russo ma il futuro del Nord Stream 2 è ora compromesso; l’autarchica Spagna si è dotata di rigassificatori che oggi la potrebbero rendere il punto d’ingresso nel Vecchio Continente del Gnl americano; l’Inghilterra si appoggia ancora alla sua vecchia rete coloniale. Migliore attore non protagonista è la Francia che è energeticamente autonoma tramite il nucleare. L’Italia rientra invece in quel gruppo di paesi che non hanno risorse proprie né una strategia chiara per rispondere al fabbisogno energetico. Siamo pubblico pagante.

Un copione da riscrivere

Per scrivere il copione di un film in cui anche l’Italia abbia un ruolo in scena, consideriamo due atti. Atto primo, prossimità territoriale e diversificazione delle fonti sono l’asse centrale di una strategia energetica efficace: i nostri attuali approvvigionamenti provengono da paesi molto lontani e spesso politicamente inaffidabili come Azerbaigian e Qatar. Rimane aperto il tema del rapporto con la Russia, che oggi ha perso ogni tipo di credibilità. La nostra dipendenza dall’Orso è massima non solo per il gas che importiamo (il 42,5 per cento del nostro fabbisogno), ma per la mancata differenziazione del nostro portfolio energetico. Avere fonti prossime e diversificate significa oggi investire su rigassificatori e nucleare di nuova generazione. In Italia sono presenti solo 3 terminali di rigassificazione contro i 6 della Spagna, la quale per abitanti e fabbisogno energetico ci è numericamente inferiore; mentre non abbiamo centrali nucleari a fronte dei 59 reattori francesi.

Atto secondo, abbiamo la necessità di sollecitare una diversa prospettiva europea. Le aspettative quasi messianiche poste sulla transizione ecologica dall’Unione Europea, che vede nelle rinnovabili l’energia del futuro, si scontra con limiti tecnologici oggi invalicabili. È impensabile che nazioni manifatturiere come Italia e Germania possano alimentare settori energivori come il siderurgico o il metalmeccanico esclusivamente attraverso le rinnovabili. Un’azienda leader nel settore del trasporto navale ha recentemente provato a muovere un cargo con la migliore batteria esistente (e non ancora in commercio), risultato: dopo 10 minuti la nave si è fermata in mezzo al mare. In più, le misure europee, già finanziariamente insostenibili, ci butterebbero in bocca alla Cina, che produce il 90 per cento delle tecnologie rinnovabili a livello globale.

Verso l’autonomia strategica

L’Europa dovrebbe dunque ridefinire la propria strategia individuando obiettivi strategici chiari e realistici. Dal punto di vista della tassonomia, il principio della neutralità tecnologica permetterebbe ad ogni nazione di avviare un proprio piano di transizione energetica. Gas e nucleare non possono essere ostaggi di preclusioni ideologiche, soprattutto considerando i grandi miglioramenti in termini di impatto ambientale e di sicurezza portati dalle ultime tecnologie. Dal punto di vista dell’integrazione continentale, nel breve periodo le reti gas, soprattutto quella spagnola, potrebbero essere meglio collegate al resto dell’infrastruttura europea, permettendoci di diversificare meglio le nostre fonti grazie al Gnl americano. Dal punto di vista geopolitico, l’Europa dovrebbe avere un’autonomia strategica, coltivando innanzitutto un rapporto più pragmatico con l’estero vicino. Un esempio: dopo la stagione delle primavere arabe che ha destabilizzato di importanti partner come la Libia, andrebbe riaperto il fronte con il Nord Africa dove l’Europa potrebbe per la prima volta avere una sola voce.