Il trucco di Bruxelles per rifilarci l’utero in affitto mostra cosa c’è in gioco alle Europee

24 Mag 2023 | Esteri, Famiglia

Le prossime elezioni sono l’occasione per limitare la tendenza disaggregante delle forze politiche oggi al comando. Che propagano una concezione dell’Unione uniforme e omologante

In questi mesi si stanno delineando i grandi temi sui quali si infiammerà la prossima campagna elettorale per le Europee. Guerra, immigrazione, energia e bioetica rappresenteranno il campo di gioco tra i partiti. Di recente la Commissione europea ha proposto, all’interno della Strategia per l’uguaglianza Lgbtqi 2020-2025 voluta dalla presidente Von der Leyen, un regolamento per assicurare il riconoscimento dei figli delle coppie dello stesso sesso in tutta l’Unione. Una volta avvenuto il riconoscimento in uno Stato, questo verrebbe esteso automaticamente a tutti gli altri con l’obbligo di trascrizione del certificato di filiazione nei pubblici registri. Una proposta che, qualora venisse approvata nel lungo iter che coinvolge sia le istituzioni comunitarie (Parlamento e Consiglio europeo) che i parlamenti nazionali, porterebbe a un radicale cambiamento del diritto di famiglia.

L’appiglio giuridico sul quale si fonda questa iniziativa è quello della libertà di circolazione all’interno dell’area dell’Unione, mascherando in realtà la volontà di riforma e di omologazione del diritto familiare degli Stati membri. Una chiara ingerenza da parte della Commissione che è in contrasto con il diritto comunitario, basato in queste materie sul principio di sussidiarietà.

Sempre più bioetica in agenda

Il regolamento in discussione costituisce inoltre un grimaldello per forzare gli ordinamenti nazionali a riconoscere la pratica dell’utero in affitto, tecnica vietata dalla legislazione italiana – ex lege 40/2004 – e condannata dalla giurisprudenza con la sentenza della Cassazione del 30 dicembre 2022, in virtù del principio della non mercificazione della maternità. Spesso nominata con l’acronimo Gpa (gestazione per altri), che solletica astutamente i nostri migliori sentimenti, la pratica consiste in una forma di procreazione assistita in cui una donna (madre surrogata) provvede alla gestazione per conto di una o più persone. Nella prassi, la procedura è regolata da un contratto tra compratori e gestante, la quale viene pagata per il servizio reso, cioè per la gravidanza portata a termine.

Questi dispositivi – così come le continue reprimende delle istituzioni comunitarie all’Italia e ai paesi non allineati al pensiero mainstream – ci dicono che i temi bioetici riempiono sempre più l’agenda politica. Dal punto di vista culturale, il progressismo vuole spersonalizzare la maternità e la genitorialità cancellando il rapporto tra la donna e il figlio che questa porta in grembo e ignorando i legami biologici e psichici tra i due. La gravidanza diventa un servizio a pagamento, il parto una prestazione. Siamo sull’orlo del baratro: l’atto generativo, il fondamento della società, si stacca dalla naturalità del rapporto umano e la differenza sessuale viene cancellata a favore di una fluidità sempre in movimento.

Dal punto di vista tecnico, assistiamo a una sistematica intromissione della Commissione in materie di competenza nazionale. Non viene rispettato il principio di attribuzione. L’articolo 81 sulla libertà di movimento del Trattato di funzionamento dell’Unione Europea riguarda solo le misure di diritto di famiglia aventi implicazioni transnazionali, mentre con il certificato di filiazione europeo si andrebbe in sostanza a modificare le norme nazionali sulla filiazione.

Vizi dell’asse popolari-progressisti

La certificazione unica non risponde nemmeno al diritto dei minori di circolare e soggiornare liberamente negli Stati membri (come stabilito agli articoli 20 e 21 del Tfue); a tal fine sarebbe sufficiente un certificato europeo di libera circolazione e soggiorno riservato ai cittadini minori d’età, non uno che abbia una funzione generalizzata di accertamento o di prova dello stato di filiazione. Sussisterebbe pertanto una palese violazione del principio di proporzionalità.

Infine, il piano politico. L’asse popolari-progressisti che regge la Commissione propaga una visione dell’Europa uniforme e standardizzata. La diversità viene utilizzata come strumento di omologazione. Le prossime elezioni sono il banco di prova per limitare la forza distruttiva e disaggregante che corre sotto la pelle delle attuali forze politiche. E, se possibile, per ripartire in una costruzione organica e coerente con la visione dei padri fondatori dell’Unione Europea.

Articolo pubblicato sulla rivista Tempi di Maggio 2023