Il caso Cospito e l’errore di strizzare l’occhio ai nemici dello Stato

19 Mar 2023 | Politica

L’opposizione deve scegliere tra l’oltranzismo e la grande chance di partecipare insieme alle forze di governo a una legislatura costituente, che rinforzi con le riforme la democrazia

L’ultimo omicidio politico in Italia risale al 19 marzo 2002, quando Marco Biagi fu freddato per mano delle Nuove Brigate rosse quale intellettuale di riferimento di un largo mondo che voleva una profonda riforma del mercato del lavoro. Pochi anni prima, il 20 maggio 1999, era stato invece Massimo D’Antona a cadere vittima degli stessi assassini. Le recenti vicende legate al caso Cospito hanno riposto al centro dell’attenzione pubblica fenomeni che sembravano relegati a un passato ormai chiuso.

La nostra storia, fin dal Dopoguerra, è stata segnata in ogni suo decennio da movimenti antagonisti all’ordine repubblicano. Alle nostre spalle l’ideologia politica si è spesso mischiata con la violenza e sia a destra che a sinistra non sono mancate connivenze e sostegni a frange deviate. In molti ricordano il clima di tensione che attraversava le nostre piazze all’inizio degli anni Duemila. Il confronto sulle questioni giuslavoristiche animava l’agone politico e le sinistre, all’alba del governo Berlusconi, avevano costruito intorno alla tutela dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori la loro opposizione. Una marea rossa che aveva visto convergere intellettuali, sindacato di sinistra, giornali e tv, tutti uniti contro la precarizzazione del mercato del lavoro. Con l’arresto di Nadia Desdemona Lioce e Cinzia Banelli lo Stato ne uscì più forte e pose la parola fine a quel rigurgito brigatista.

Nobili fini strumentalizzati

Oggi lo sciopero della fame di Alfredo Cospito, militante anarchico insurrezionalista detenuto in regime di 41 bis presso il carcere di Opera per la gambizzazione del dirigente della Ansaldo Nucleare Roberto Adinolfi e per l’attentato dinamitardo alla caserma di Fossano, segna il ritorno di un attacco alle istituzioni. Cospito è il primo esponente anarchico a vedersi applicato il carcere duro, misura confermata anche dalla Corte di cassazione solitamente riservata agli affiliati di mafia. La sua battaglia per abolire il 41 bis è prettamente anarchica, figlia di una spinta ideale totalizzante che non ha paura di pagare con la vita il prezzo della lotta politica. La sinistra, ora come vent’anni fa, si scopre fragile e, in parte, subalterna alle istanze più radicali che nascono nella sua storia. La visita in carcere a Cospito da parte di una delegazione del Pd è il segno dell’incapacità di lettura del fenomeno anarchico.

Prendendo per buono il nobile fine che animava i parlamentari democratici nell’accertare il suo stato di salute, non si può non vedere l’enorme strumentalizzazione che lo stesso leader del Fai – Federazione anarchica internazionale, organizzazione responsabile di più di 50 attentanti in tutta Europa insieme al Fri, Fronte rivoluzionario internazionale – ha potuto fare della loro visita istituzionale. C’è da chiedersi come la sinistra possa ancora strizzare l’occhio a chi mette in discussione, teoricamente e praticamente, la dimensione statuale della convivenza civile. La questione diventa ancora più rilevante considerando la saldatura tra anarchismo e mafia proprio sull’abolizione del carcere duro, vero incubo per ogni boss mafioso.

Non è il momento di abolire il 41 bis

Per questo è bene fare ordine nel dibattito pubblico e istituzionale. Sono molti gli esponenti della sinistra, soprattutto intellettuali e politici, che mettono in discussione la legittimità del 41 bis, appellandosi alle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Corte costituzionale. Ma non può certo essere questo il tempo per rivedere tale misura, proprio ora che lo Stato è sotto attacco, ricattato da Cospito e da chi lo sostiene.

Sarà inoltre interessante capire come la nuova segreteria del Partito democratico tratterà la materia. La sinistra ha la grande occasione di partecipare insieme alle forze di governo a una legislatura costituente, che possa rivedere le regole del gioco democratico e mettere mano a importanti istituti costituzionali. Qui la grande scelta: da una parte la tentazione di rispondere al richiamo della foresta e impostare un’opposizione oltranzista che muova le forze più di radicali della società, trasformando magari la battaglia per il salario minimo nel nuovo articolo 18, dall’altra la decisione di evolvere e rimanere ancorata all’ordine democratico e combattere ogni decadimento ideologico. Cospito docet.

Articolo pubblicato sulla rivista Tempi di Marzo 2023